Via di San Francesco
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La Via di San Francesco
Gli itinerari religiosi che accompagneranno la scoperta del Santo e della sua vita, come ad esempio la Via di San Francesco, potranno aprire le porte, se si vorrà, anche all’immenso ed inestimabile patrimonio artistico che la regione ha da offrire. Natura, arte, religione e dunque accoglienza, ospitalità e un ritrovato benessere spirituale sono solo alcuni dei motivi per i quali scegliere l’Umbria.
Questa piccola grande regione lascia così al pellegrino che percorre il cammino di San Francesco la possibilità di scegliere e di aderire profondamente ai motivi del suo pellegrinare: si scoprirà tutta la bellezza di questo “vagare mirato” e ognuno potrà trarne insegnamento e benefici.
La Via del Santo che amava la natura
Un itinerario di oltre 160 km alla scoperta di luoghi in cui San Francesco visse e pregò: sette tappe tra spiritualità, arte e cittadine medievali. Dal confine con la Toscana fino ad Assisi, passando da Città di Castello e Gubbio.
Sui sentieri e le strade di campagna del nord dell’Umbria, nel circondario di Gubbio e Assisi, ogni anno aumenta il numero dei viandanti, zaino in spalla. Seguono la Via di Francesco d’Assisi, spostandosi fra i luoghi a lui legati: i borghi dove predicava, i conventi fondati da lui e dai suoi confratelli, gli armi dove si rifugiava in preghiera. Per chi è religioso è un’esperienza di fede, un modo per condividere la filosofia di vita di Francesco, che esortava a vivere “da pellegrini e forestieri in questo mondo, servendo al Signore in povertà e umiltà”. Ma c’è anche chi cammina seguendo un personale percorso interiore. Per ritrovarsi o magari al contrario, per abbandonarsi al passo, “diventando cammino”. Ogni viandante ha la sua storia, che s’incrocia con quella degli altri lungo i sentieri che portano ad Assisi. E a fare da compagni sono anche gli elementi della natura, che Francesco chiamava per nome, e sentiva fratelli e sorelle. Molti pellegrini iniziano il percorso dall’Eremo di LaVerna, a pochi chilometri da Chiusi della Verna (AR), in Toscana, il luogo dove il santo ricevette la stimmate nel 1224, e passando poi in terra umbra. La meta finale per alcuni è Assisi, ma altri proseguono su un percorso ispirato a Francesco nell’Umbria meridionale e oltre, fino alla provincia di Rieti.
PRIMO GIORNO
Il tratto umbro della Via di San Francesco parte dal borgo fortificato di Citerna, al confine con la Toscana, in posizione panoramica sull’alta Valle del Tevere. Protetto dalle mura medievali, il paese non è cambiato molto dai tempi in cui Francesco camminava fra i suoi vicoli. Qui, secondo la tradizione, il santo compì il miracolo delle formiche: mentre stava predicando appoggiato a un albero carico di formiche, comandò loro di andarsene e quelle ubbidirono, attraversando un passaggio lasciato libero dalla folla. Uscendo dal borgo, il percorso si snoda nel verde dei boschi della valle, passando ai piedi del villaggio di Celle, che svetta su una collina; poi la strada sale sulle pendici del monte Citerone, fino a raggiungere l’Eremo del Buon Riposo, creato attorno alla grotta che Francesco usava come riparo nelle sue peregrinazioni da e verso la Verna. In particolare, il santo vi cercò rifugio per più di un mese nel 1224, dopo aver ricevuto la stimmate, per sfuggire al clamore del miracolo. Oggi l’ermo è di proprietà privata, ma si può contattare il gentile custode per farselo aprire, scoprendo all’interno la chiesetta con l’altare e il coro, di una semplicità tutta francescana, il refettorio, il chiostro e la Grotta del Diavolo, in cui Francesco, in preghiera, sarebbe stato ripetutamente tentato da apparizioni demoniache. La meta finale è Città di Castello, dove San Francesco, secondo i suoi biografi, compì molti miracoli: il più noto è quello della liberazione di una donna dal demonio. Al santo la città ha anche dedicato una chiesa in stile gotico.
SECONDO GIORNO
TERZO GIORNO
La Via di San Francesco prosegue alla volta di Gubbio. Il primo tratto attraversa piccole valli solitarie, fra boschi e prati. Dopo circa 4 km appare l’Abbazia di San Benedetto Vecchio, che si può ammirare solo dall’esterno. Incrociando qualche casale isolato, si prosegue fino alla chiesetta di Montecchi, dove si valica e l’orizzonte si apre sulla verde pianura attorno a Gubbio, incisa da filari dei pioppi lungo i canali di irrigazione. La strada diventa asfaltata e s’incontra la chiesa di Loreto: dal sagrato a terrazza la vista spazia libera sulla valle. Poi si scende verso la pianure. La vista di Gubbio, che s’avvicina sempre più, segna la direzione e spinge il passo: nel volume prima indistinto del monte Ingino, un pò alla volta emergono il profilo del Santuario di Sant’Ubaldo e i contorni dei palazzi medievali. Ormai alla periferia della città, si raggiunge l’Anfiteatro Romano e poi, prendendo per viale del Teatro Romano, si arriva alla porta: subito al di là c’è la chiesa di San Francesco, una delle prime erette in onore del santo (fu consacrata nel 1256, 30 anni dopo la sua morte). All’esterno della chiesa c’è la statua di Francesco e il lupo, a ricordo del miracolo della belva ammansita dal santo.
QUARTO GIORNO
Gubbio merita un giorno intero di permanenza, per scoprire tutti i luoghi legati a Francesco nella città che per prima lo accolse nella sua “nuova vita”: nell’inverno del 1207, dopo aver rinunciato ai suoi beni ed essersi spogliato persino degli abiti nella piazza di Assisi, dinanzi al vescovo, Francesco si incamminò verso Gubbio, coperto solo da un rozzo camiciotto. In città fu accolto dall’amico Giocomello Spadalonga e iniziò il suo cammino di condivisione con i più umili, assistendo i lebbrosi nell’Ospedale di San Lazzaro. Dopo qualche mese tornò ad Assisi e raccolse intorno a sé i primi confratelli; negli anni successivi ritornò varie volte a Gubbio: già nel 1213 vi ricevette in dono la chiesa di Santa Maria della Vittoria (detta la Vittorina), alle porte della cittadina dove istituì la prima comunità eugubina. Fu proprio nei campi circostanti che, secondo la tradizione, il santo ammansì il lupo che terrorizzava Gubbio. La sua natura è discussa: era veramente un lupo, o, piuttosto, un uomo animalesco e selvaggio? In ogni caso, nella piccola chiesa di San Francesco della Pace, recentemente riaperta al pubblico, si può vedere la grotta in cui visse e una lapide su un’urna che, secondo la tradizione, conterrebbe le sue ossa. Tutti questi luoghi possono essere scoperti anche con il Percorso Fratello Lupo, un itinerario di mezza giornata guidato da uno dei frati francescani di Gubbio.
QUINTO GIORNO
A questo punto è ora di rimettersi in cammino, sempre in direzione sud, attraverso la valle del Chiascio. Dopo qualche chilometro si raggiunge l’Abbazia benedettina di San Verecondo de Spissis, che svetta sulla collina di Vallingegno. Qui il santo cercò rifugio dopo essere stato aggredito dai briganti, ricevendo però una misera accoglienza: trovandosi davanti un mendicante sporco e lacero, i monaci lo fecero lavorare come sguattero. Ma anni dopo il priore andò da Francesco per chiedere perdono così, nei frequenti passaggi verso La Verna, il santo ricevette spesso ospitalità proprio a Vallingegno. Nei pressi dell’abbazia, circondato da un muro di cinta, sorge il Castello di Vallingegno, dell’XI secolo, oggi di proprietà privata. Poi s’incontra la chiesetta della Madonna della Ripe (o delle Grazie): sulla vecchia grata a bordo della strada i pellegrini lasciano a ricordo del loro passaggio piccole croci fatte con rametti di giunco o di corteccia d’albero. Proseguendo per una strada sterrata piena di ciottoli si arriva al Monastero benedettino di San Pietro in Vigneto: eretto lungo la via municipale che nel XIII secolo collegava Assisi a Gubbio, usando materiali recuperati da un tempio pagano, ha l’aspetto più di una fortificazione che di un edificio religioso, ma per tutto il Medioevo le sue porte furono aperte ai pellegrini lungo la Via Francigena. Oggi, invece, qui abita in solitudine l’eremita padre Basilio Martin, che non gradisce visite. Continuando nei boschi, una ripida salita porta alla chiesa di Caprignone, che ospità il primo capitolo dell’Ordine dei Francescani fuori Assisi. All’orizzonte sbuca la torre del Castello di Biscina, che si raggiunge in un’ora di saliscendi fra boschi: da qui si domina tutta la valle. Nella vicina Tenuta di Biscina è conservata una cappella dove San Francesco si fermò a pregare nella Via di San Francesco verso Gubbio: la struttura offre anche ospitalità per la notte. Chi se la sente, invece, può proseguire altri 12 km fino al borgo fortificato di Valfabbrica, incontrando lungo la strada la chiesetta di Coccorano.
SESTO GIORNO
Prima di lasciare Valfabbrica, merita una sosta la bella Abbazia di Santa Maria, uno dei più antichi monasteri umbri: del complesso oggi rimane la chiesa, con affreschi di scuola umbra. Poi ci si incammina verso Assisi: dopo 5 km in salita, in cima ai due crinali che separano la valle del Chiascio da quella di Assisi, la città natale di Francesco appare all’orizzonte e da qui la strada è quasi tutta in discesa. Sul sentiero c’è una croce di ferro, dove i pellegrini lasciano una pietra a ricordo del proprio passaggio. Ancora poche centinaia di metri e si arriva a Pieve San Niccolò: le panche sotto un albero invitano la sosta. Si riprende la marcia, con Assisi in vista; il passaggio è disegnato da olivi e vigneti e il percorso è agevole, con qualche saliscendi e tratti di strada asfaltata. Dopo il Ponte dei Galli si arriva alla chiesa di Santa Croce. Nelle vicinanze c’è l’ingresso del Bosco di San Francesco, un percorso creato dal FAI che dai boschi che circondano Assisi Porta direttamente alla Basilica. Se non si passa per il Bosco, si prende la ripida strada che sale fino a Porta San Giacomo, da cui un tempo i pellegrini uscivano da Assisi per recarsi a Santiago de Campostela. La meta finale della Via di San Francesco è vicina: superata la porta, appare la facciata della Basilica Papale di San Francesco d’Assisi. Sull’aiuola antistante spicca il saluto francescano “pax et bonum”: si attraversa il portico della Basilica Inferiore e si arriva alla Tomba del Santo, illuminata dalla luce tenue di una lampada perenne.